
Appena arrivato si attira subito gli sguardi ostili degli altri creativi; il supercomputer a doppio processore che gli è stato certosinamente preparato da giorni e giorni gli ha fatto una pessima pubblicità. Ma è forte di un battage di tutto rispetto: viene da La Grande Agenzia (si veda post relativo). È un senior.
Nei primi giorni si aggira come se fosse lì da sempre, elargendo generosi e rassicuranti sorrisi ai discepoli senza guida che incontra nel corridoio. Ma sempre senza dare quel tanto di confidenza in più che potrebbe abbassarne il profilo.
Passano i giorni e il suo atteggiamento è perfetto: si ambienta subito, dà consigli, ostenta sicurezza, sfoglia contrito voluminosi annual. È navigatissimo. È lo stesso atteggiamento sfrontato e sicuro che ci permette di passare alla metro senza biglietto.
Tra i più attenti della truppa cominciano a serpeggiare i primi sospetti.
Si trattiene a volte nelle stanze altrui a narrare le proprie gesta passate, anche solo en passant, senza troppa enfasi: lavori, collaborazioni, siti, citazioni, agenzie varie, premi, shortlist.È un marker importante: chi è forte non lo dice mai, né cerca di indurre gli altri a pensarlo.
È come se Federer sentisse l’esigenza di sottolineare di aver vinto 5 Wimbledon prima di affrontare il finlandese Nieminen.
Passano settimane e il personaggio è ormai delineato. È riuscito a mantenere quella posizione di privilegio dalla quale sarà molto difficile tornare indietro. È la forza d’inerzia, una legge fisica cui tutti dobbiamo sottostare. Questa situazione gli permetterà quindi di circondarsi di un’aura di consolidata superiorità, stoppare di petto i brief e smistarli di piatto ai sottoposti, come se un’investitura divina lo rendesse immune ai lavori di merda. I Direttori creativi si sentiranno a quel punto quasi in obbligo di affidargli intuitu personae i brief più creativi. E il tutto senza aver ancora fatto nulla di nulla. È marketing sopraffino. Un miracolo di strategia.
3 commenti:
Il problema grosso è quando ti imbatti in quei personaggi ambigui, che non si capisce da dove vengano, dove abbiano lavorato e per chi. Non si sa come però, hanno comunque una reputazione di creativi. Sono in realtà buste terrificanti, che girano come trottole per le agenzie di Roma. Infestano i reparti creativi e succhiano tutto quello che possono, fino al giorno in cui l'AD si accorge della fregatura. Ovviamente per ultimo e dopo aver versato nelle casse della putrida zecca mesi di lauto stipendio. Le spese, manco a dirlo, le fanno gli junior. I primi ad averne capito la frivola essenza e quindi vittime consapevoli dell'inàne individuo.
Il cialtronista esperto.
Ma il problema è uno: quando e soprattutto come si sono costruiti la fama che permette tutto ciò. A mio modo di vedere è l'erronea interpretazione di una parola: e sperienza. Purtroppo l’esperienza è soltanto una delle componenti e, a mio avviso, neanche la più importante. Talento, motivazione e professionalità contano altrettanto.
Come se bastasse un tassametro per vedere aumentato a tempo il proprio valore.
Ma l'esperienza dovrebbe dare per scontate tutte quelle cose che dici, caro Simone. Se uno è stato 8 anni in Saatchi o in McKann si dovrebbe presumere che sia talentuoso, motivato e professionale.
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